CAPPELLA DI SAN VINCENZO

La cappella fu costruita tra la fine del 175O e il 1751.

Con bolla del settembre 1731 che accompagnava un dono per don Giuseppe Pappacoda, marchese di Pisciotta e principe di Centola, Mons. Domenico Antonio Cirillo, vescovo di Teano, gli faceva omaggio di una piccola teca d’argento, di forma ellittica, contenente un frammento del corpo del Beato Vincenzo de’ Paoli, fondatore della Congregazione della Missione, che era sepolto a Parigi.

 Al Pappacoda era data facoltà di tenere la reliquia, oppure donarla, oppure esporla in chiesa per la venerazione dei fedeli. Essa è oggi custodita nella nostra Chiesa Madre, e si può immaginare che a quel tempo, donata alla chiesa e sottoposta al culto dei fedeli, abbia avuto un ruolo decisivo nell’alimentare la venerazione e poi nel decidere l’edificazione di una cappella de dicata a S. Vincenzo

L’attività sacra della cappella di S. Vincenzo duro soltanto alcuni decenni: mons. Maglione, in occasione della Visita Pastorale del 1884, registra soltanto la presenza di due altari, spogli ed interdetti”.




Domenico Antonio Cirillo
per grazia di Dio, e della Santa Sede Apostolica Vescovo di Teano e Consigliere Regio.
A tutti coloro che guarderanno il nostro presente scritto certifichiamo ed attestiamo che delle molte reliquie del Beato Vincenzo da Paola, fondatore della Congregazione della Missione nella città di Parigi, dove è seppellito, spedite a Napoli dal Rev.mo d. Giovanni Bonnet, Superiore  Generale della medesima Congregazione, al rev. D. Angelo Vincenzo Cuttica, Superiore della sede napoletana della congregazione, in una cassettina di legno chiusa da una cordicella di seta di color verde e munita del sigillo dello stesso rev.mo G. Bonnet, a noi devotamente mostrate, ed esaminate, abbiamo strappato un pezzettino delle ossa del detto Beato Vincenzo e l’abbiamo venerato con ogni riguardo dell’animo, e l’abbiamo posto in una piccola teca d’argento di forma ellittica, chiusa con una cordicella di seta di color rosso, e l’abbiamo suggellato imprimendo il nostro sigillo con cera spagnola per il suo riconoscimento certo; così sistemata alla maggior gloria di Dio ed alla venerazione dei suoi Santi ne abbiamo fatto dono all’Ill.mo ed Ecc.mo d. Giuseppe Pappacoda allo scopo di trattenere per sé la sacra reliquia, o di donarla ad altri, o di esporla alla pubblica venerazione dei fedeli in una qualsiasi chiesa, oratorio o cappella. A garanzia della qual cosa abbiamo dato incarico di spedire la presente sottoscritta di nostra mano e firmata col nostro sigillo. Dato a Napoli in questo giorno di settembre 1731
[firma illeggibile]
Per ordine di De Angelis


Archivio di Stato di Napoli – Archivio privato Doria d’Angri – Vol. 95

Statue e affreschi

La cappella, un piccolo gioiello in stile tardo barocco, presenta nella cupola tre serie di affreschi

Una serie di 4 ovali con i misteri gaudiosi del Rosario, l’annuncio dell’angelo, la visita a Santa Elisabetta, la nascita di Gesu’ e la presentazione al tempio

Una serie di 4 ovali minori con i dottori della Chiesa Sant’Agostino d’ Ipponia e San Girolamo, San Gregorio Magno I Papa (raffigurato con la colomba) e San leone I Papa.

Le vele ai quattro angoli della cupola rappresentano i 4 evangelisti.

Quest’ultima serie di affreschi ci porta a proporre una riflessione sulla capacita’ educativa della pittura cristiana. Caso molto raro nel Cilento, l’immagine di San Luca è stata raffigurata nell’atto di dipingere il volto della Madonna. Il quadro dipinto da San Luca è oggi conservato presso l’omonimo Santuario a Bologna ma tale particolare non è molto noto nel sud Italia.

Eppure a Pisciotta, una antica tradizione vuole che, nel decantare la bellezza di un bambino, gli anziani solevano dire “sembra dipinto da San Luca” – termine collegato alle informazioni che il popolo era riuscito ad acquisire “leggendo” gli affreschi.

Sulle due pareti della cappella sono presenti due nicchie con i Santi Vincenzo Ferreri e Vincenzo De’ Paoli. Al di sopra delle nicchie due piccoli affreschi riportano l’immagine di due santi domenicani San Ludovico Bertrando (riconoscibile dal calice con il serpente) e San Pietro da Verona (riconoscibile dal simbolo del suo martirio con la spada in testa)

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